03 Mag La non Contestazione nel Processo del Lavoro
Da una lettura degli artt. 409 e ss. C.p.c. sul processo del lavoro, salta subito agli occhi la particolare impronta che il nostro legislatore ha voluto dare a tale tipo di processo.
Diversamente da quanto accade in ambito civile, infatti, nel processo del lavoro sia l’attore che il convenuto sono costretti a “giocare a carte scoperte”. Da un lato, l’attore ha l’onere di esporre tutti i fatti costitutivi del diritto ed avanzare tutte le proprie pretese sin dal deposito del ricorso introduttivo. Dall’altro, il convenuto ha l’onere di costituirsi proponendo nella comparsa di costituzione tutte le eccezioni e contestazioni dei fatti dedotti dall’attore.
Proprio in virtù di tale impronta, nell’ambito del processo del lavoro viene attribuito un valore particolarmente ampio al c.d. “principio di non contestazione”. Tutto nasce dal dettato normativo dell’art. 416, 3° comma, c.p.c. che recita testualmente “Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda, proporre tutte le sue difese in fatto e in diritto ed indicare specificamente, a pena di decadenza, i mezzi di prova dei quali intende avvalersi ed in particolare i documenti che deve contestualmente depositare”. Il convenuto deve, dunque, sin da subito contestare in modo preciso, puntuale e non generico i fatti affermati dell’attore.
La non contestazione dei fatti esonera parte ricorrente dal fornire prova di quanto asserito in ricorso e non contestato ed esonera, di conseguenza, il Giudice dallo svolgere ulteriori indagini e valutazioni. Secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, la contestazione generica equivale a mancata contestazione, poichè risulta incompatibile con la negazione dei fatti posti dall’attore a fondamento della domanda e rende tali fatti non controversi. Nel solco tracciato dalla nota Sentenza n. 761 del 23 Gennaio 2002 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si sono poi inserite numerose pronunce di merito e legittimità con riferimento sia al processo civile che al processo del lavoro.
Tra le tante, la recente Sentenza n. 2231 del 15 Dicembre 2015 emessa dalla sezione Lavoro del Tribunale di Torre Annunziata, in accoglimento della domanda attorea su differenze retributive, indennità di ferie e TFR, delinea molto chiaramente l’evoluzione giurisprudenziale dal 2002 ad oggi, affermando in ordine al principio di non contestazione che “…è opportuno richiamare testualmente quanto sostenuto, in ordine a tale specifico profilo, in una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione alla quale questo giudice ritiene di dover aderire pienamente, laddove si è statuito che “sul c.d. principio di non contestazione, alla iniziale giurisprudenza di questa Corte, cui si rifà la ricorrente, è poi seguita la sentenza delle Sezioni Unite n. 761 del 2002 (e le conformi pronunce delle sezioni semplici nn. 12010/2003, 405/2004, 2299/2004, 10031/2004, 19260/2004, 28381/2005), la quale, facendo leva sull’onere del convenuto – previsto dall’art. 416 c.p.c., per il rito del lavoro, e dall’art. 167 c.p.c., comma I … per il rito ordinario – di prendere posizione, nell’atto di costituzione, sui fatti allegati dall’attore a fondamento della domanda, ha affermato che il difetto di contestazione di quei fatti ne implica l’ammissione in giudizio se si tratta di fatti c.d. principali, ossia costitutivi del diritto azionato, mentre per i fatti c.d. secondari, ossia dedotti in esclusiva funzione probatoria, la non contestazione costituisce argomento di prova ai sensi dell’art. 116 c.p.c., comma 2. A questa fondamentale apertura sono seguiti ulteriori sviluppi, con l’affermazione del più ampio principio secondo cui l’onere di contestazione tempestiva non è desumibile solo dagli artt. 167 e 416 c.p.c., ma deriva da tutto il sistema processuale (come risulta dal carattere dispositivo del processo, che comporta una struttura dialettica a catena; dal sistema di preclusioni, che comporta per entrambe le parti l’onere di collaborare, fin dalle prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa; dai principi di lealtà e probità posti a carico delle parti e, soprattutto, dal generale principio di economia che deve informare il processo, avuto riguardo al novellato art. 111 Cost.); conseguentemente, ogni volta che sia posto a carico di una delle parti (attore o convenuto) un onere di allegazione (e prova), l’altra ha l’onere di contestare il fatto allegato nella prima difesa utile, dovendo, in mancanza, ritenersi tale fatto pacifico e non più gravata la controparte del relativo onere probatorio, senza che rilevi la natura di tale fatto (Cass. 12636/2005, preceduta da Cass. 3245/2003, riferita al solo processo del lavoro, e seguita da Cass. 1540/2007, che ha esteso il principio al processo tributario). Alla descritta evoluzione della giurisprudenza di questa Corte il collegio, pur prendendo atto di coeve pronunce che confermano acriticamente il precedente orientamento (v. Cass. 2959/2002, 13830/20045488/2006) – intende dare continuità, confermando la sussistenza di un onere, per la parte costituita, di contestare tempestivamente i fatti allegati dalla parte avversaria, che altrimenti è esonerata dal fornire la prova. (Cassazione Civile, sez.I, 27 Febbraio 2008, n. 5191). In definitiva, deve, pertanto, ritenersi che, nel rito del lavoro, la mancata specifica contestazione dei fatti costitutivi del diritto dedotti dal ricorrente rende i fatti stessi incontroversi e, conseguentemente, essi non possono essere contestati nell’ulteriore corso del giudizio, sono sottratti al controllo probatorio del giudice e devono essere ritenuti sussistenti senza necessità di un apposito accertamento” ed ancora che “…In definitiva, la mancanza, nella fattispecie per cui è causa, di una pur generica contestazione formulata dalla resistente in ordine al suddetto profilo comporta l’applicabilità del principio per cui i fatti costitutivi della domanda non contestati dalla controparte sono da ritenersi acquisiti.”
Avv. Ferdinando D’Ambrosio