03 Mag Fidarsi delle Banche: si può?
Le banche sono spesso viste dai cittadini come un qualcosa di distante ed a tratti incomprensibile. Non è certo semplice per un comune cittadino capire i criteri scelti da una banca per erogare un mutuo, un prestito o, più in generale, un qualsiasi finanziamento.
Molto spesso il cliente dell’istituto di credito si ritrova sommerso da un mare di documenti da firmare a “garanzia del credito” per dimostrare, cioè, di essere in grado di restituire il prestito nei modi e nei tempi stabiliti. E’ bene, però, non prendere per oro colato tutto ciò che dicono le banche.
Tutti gli istituti di credito, infatti, sono tenuti a rispettare quel complesso di norme previsto dall’ordinamento italiano a tutela e garanzia del cliente. Non di rado, le banche sono state condannate dai Tribunali Italiani proprio per il mancato rispetto della suddetta normativa.
Chi ha contratto un mutuo o più in generale ha avuto un finanziamento da parte di un istituto di credito, dovrebbe come prima cosa valutare se la banca ha rispettato la soglia massima di tasso di interesse, applicando così i c.d. “Tassi Usurai” o peggio abbia applicato il c.d. “Anatocismo Bancario” e cioè calcolato quelli che volgarmente parlando potremmo definire interessi sugli interessi.
Nel marasma normativo italiano non è, però, per nulla semplice calcolare il tasso di interesse effettivamente applicato dalla banca.
MUTUI e FINANZIAMENTI A “TASSO USURAIO”.
Iniziamo col dire che, il cd. tasso di usura, può essere determinato solo attraverso determinati metodi di calcolo, ad oggi, disciplinati dal decreto legge del 13/05/2011 (cd.decreto sviluppo) e tenendo sempre come riferimento il Tasso Effettivo Globale Medio (TECM), ovvero quel sistema di tassi di interesse praticati sui finanziamenti dai diversi istituti di credito nel sistema bancario e creditizio italiano (comprensivi di spese e commissioni), stabiliti ogni trimestre dal Ministero dell’Economia.
A questo TECM, concorrono, il TAN, ovvero, il tasso di interesse richiesto dall’istituto di credito per la concessione del finanziamento, calcolato in percentuale sul capitale finanziato ed il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) che, oltre al TAN, incorpora anche tutte le spese e gli oneri (fissi e variabili) per l’erogazione del finanziamento, nonche, a seconda dei casi, il tasso di mora, secondo quanto stabilito in alcune recenti sentenze della Cassazione (Cassaz. Penale n. 262/2010 e n. 12028/2010). Detto ciò, la soglia di tasso di usura è calcolata aumentando il tasso medio TEGM di un quarto, cui si aggiunge un margine fisso di ulteriori 4 punti percentuali, in ogni caso, la differenza tra il limite e il tasso medio non può essere superiore a 8 punti percentuali.
Facciamo alcuni esempi. In passato, il precedente metodo di calcolo stabiliva semplicemente di aumentare del 50% il valore del TEGM per ottenere il tasso di usura.
– Vecchia disciplina, TEGM del 5% si aggiungeva al 5% la metà ovvero il 2,5% e si otteneva un tasso di usura del 7.5%;
– Nuova disciplina, si aggiunge al 5% un quarto del 5 ovvero 1,% ottenendo una soglia del 6% sommando a tale valore 4 punti, arrivando cosi ad un tasso di usura limite del 10%.
Invece facendo un esempio pratico per un mutuo a tasso fisso pari al 4,00%:
– Vecchia disciplina, la meta del 4%=2%= 6% tasso usuraio
– Nuova disciplina, un quarto del 4%= 0,8% + 4 %= soglia del 8,8%
Si può facilmente intuire che questo nuovo metodo di calcolo favorisce di molto gli istituti di credito.
L’ANATOCISMO BANCARIO.
Volendo analizzare invece il fenomeno dell’anatocismo, quest’ultimo si verifica allorquando, al debitore-finanziato, vengono calcolati degli interessi sia sul capitale dato in prestito che sugli interessi precedentemente maturati (cd. interessi compositi). Esempio, su un finanziamento di € 1.000 viene applicato un tasso del 2%, quindi il capitale da restituire sarà di € 1.020 senza anatocismo, nello stesso caso, con dei tassi anatocistici, sarà il 2% di 1.000 = 1.020 su quest’ultimo un ulteriore 2% = 1.040 e cosi via.
L’anatocismo è stato dichiarato illegittimo dal 2014, con la legge di stabilità, anche se già chiaramente vietato e disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 1283 cod.civ., quindi qualsiasi istituto di credito non può praticare alcuna forma di capitalizzazione degli interessi passivi.
In pratica, gli interessi, dispone la legge, vanno calcolati, ogni anno solo sul capitale dato in prestito, ma non anche sugli interessi già scaduti, altrimenti il debito lievita in modo spropositato. A tal proposito, bisogna dire che, la giurisprudenza ha più volte vietato alle banche, l’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente passivi dei clienti, arrivando addirittura a negare anche la possibilità di capitalizzazione annuale degli stessi (Cass. n.15135-2014, Cass. n. 9127/2015).
In ogni caso, laddove un cliente si veda indebitamente sottoposto a un tale tipo di pratica, può veder tutelati i propri interessi attraverso una azione civile (soggetta a prescrizione decennale), tesa ad ottenere la nullità dei tassi di interesse applicati, nonche la restituzione degli importi illegittimamente pretesi, oltre al risarcimento del danno materiale e non subito. Si tratta, dunque, di somme spesso molto elevate.
Per poter capire se si è “vittime” della banche è necessario far redigere una perizia contabile da un esperto Commercialista Revisore dei Conti specializzato nel settore e valutare, successivamente, la convenienza economica di una vera e propria azione civile tramite un pool di legali esperti in diritto bancario.
Avv. Fedele Ercolano