22 Giu Mobbing e Risarcimento Danni.
Come noto, nel concetto di “ mobbing ” sono racchiuse tutte quelle condotte vessatorie, ripetitive e durature, poste in essere nei confronti di un lavoratore subordinato ad opera di un suo superiore gerarchico (c.d. “Mobbing Verticale”), di uno o più suoi colleghi (c.d. “Mobbing Orizzontale”) o da uno o più suoi sottoposti (c.d. “Mobbing Ascendente”).
Capire quando si è davvero vittime di “mobbing” non è cosa semplice.
Anzi, molto spesso il lavoratore tende a scambiare per “mobbing” dei semplici atti vessatori subiti sul posto di lavoro da suoi colleghi o superiori.
In realtà, non basta esser trattati male sul posto di lavoro affinchè si configuri un danno risarcibile come mobbing, ne’ tanto meno basta subire un danno da dequalificazione o marginalizzazione sul posto di lavoro.
Il “mobbing” è un concetto molto più complesso e di difficile qualificazione, nel quale il danno da demansionamento, marginalizzazione, dequalificazione o anche le vessazioni ripetute subite sul posto di lavoro, rappresentano semplicemente un possibile sintomo dell’esistenza di un più ampio danno da mobbing.
E’ necessario trovare nei comportamenti vessatori posti in essere in danno al lavoratore un vero e proprio intento persecutorio idoneo ad arrecare concreti danni all’integrità psico-fisica della vittima.
Sul danno da mobbing si è più volte pronunciata la Suprema Corte di Cassazione al fine di far luce su tale annosa e dibattuta questione.
Da ultimo, recentemente con Sentenza n. 2920 del 15 Febbraio 2016 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare e chiarire che: “Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato si configura il mobbing lavorativo in presenza di una serie di comportamenti aventi carattere persecutorio, illeciti o anche leciti … aventi intento vessatorio e posti in essere ai danni del lavoratore in maniera sistematica e prolungata nel tempo, direttamente dal datore di lavoro o da un suo preposto o anche da altri dipendenti sottoposti al potere direttivo dei primi. Deve inoltre ravvisarsi una condotta persecutoria, l’idoneità di essa a danneggiare la salute, la personalità o la dignità del dipendente ed il nesso di causalità tra la condotta e il danno subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica. La prova di detti elementi, tutti rilevanti affinchè la condotta abbia rilevanza giuridica, incombe sul lavoratore il quale deve dimostrare l’intento persecutorio, che non deve assistere le singole condotte poste in essere ai danni del lavoratore, ma deve ricomprenderle in un unico disegno vessatorio, legittimamente il ricorso alla tutela giudiziaria della vittima.”
Appare, dunque, necessario anche alla luce della recente pronuncia sopra citata fornire una prova molto rigorosa del danno da mobbing premunendosi di tutta una serie di accertamenti medico-legali specialistici da utilizzare nel processo da lavoro da intraprendere.
Da ultimo, si rammenta che l’azione volta ad ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti dalla vittima, si prescrive nel termine decennale, trattandosi di responsabilità contrattuale per violazione degli obblighi di cui all’Art. 2087 c.c.
Avv. Ferdinando D’Ambrosio
Studio Legale “Il Mio Diritto”
Consulenza ed Assistenza Legale Civile, Penale, Lavoro e Previdenziale.