06 Feb TFR e Cassa integrazione: chi paga?
Il Trattamento di fine rapporto (TFR), è un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito al momento della cessazione del rapporto (art. 2120 c.c.).
Il datore di lavoro è tenuto ad accantonare mensilmente la quota di TFR spettante al lavoratore ed a corrisponderla alla cessazione del rapporto di lavoro, salvo il caso in cui il lavoratore abbia destinato il TFR ad un fondo di previdenza complementare.
In casi eccezionali, quali acquisto prima casa per sè o per i figli o per spese sanitarie straordinarie, è possibile richiedere un anticipo del TFR nelle misura massima del 70% maturato.
TFR E TERMINE DI PRESCRIZIONE
Il termine di prescrizione per la riscossione del TFR maturato è di 5 anni e decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Entro detto termine di prescrizione, il lavoratore deve attivarsi per il recupero delle somme dovute a titolo di TFR.
In prima istanza, egli deve sempre citare in giudizio l’ex datore di lavoro cercando di premunirsi rapidamente di un titolo esecutivo.
Successivamente e solo nell’eventualità in cui l’azienda risulti non solvibile, il lavoratore potrà presentare richiesta al Fondo di Garanzia per il Trattamento di Fine Rapporto istituito presso l’Inps con Legge n. 297/82, come meglio descritto in un nostro precedente articolo https://www.ilmiodiritto.it/approfondimenti/recupero-tfr-fondo-garanzia-inps/
CASSA INTEGRAZIONE E MATURAZIONE DEL TFR.
Nel corso dello svolgimento del rapporto lavorativo, possono verificarsi situazioni anomale, quali la sottoposizione dell’azienda a periodi di cassa integrazione guadagni straordinaria.
Cosa succede in tal caso? Matura il TFR nel periodo di Cassa integrazione? E se si, a chi spetta pagarlo?
Per rispondere a tali domande, bisogna partire dall’analisi del terzo comma dell’art. 2120 c.c. secondo cui:
“In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonchè in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.”
Pertanto, il lavoratore matura certamente il TFR anche nel periodo di cassa integrazione guadagni ai sensi della norma sopra citata.
L’art. 2120, infatti, parla esplicitamente di quota TFR spettante anche nei periodi di integrazione salariale da calcolarsi prendendo come riferimento la retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito nel caso in cui non vi fosse stata Cassa integrazione ed il rapporto si fosse svolto normalmente, fugando ogni dubbio a riguardo.
CHI PAGA IL TFR MATURATO DURANTE LA CIGS?
Sino all’approvazione del D.Lgs. n. 148/2015 (c.d. Jobs Act), la normativa era di dubbia interpretazione.
La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 17501 del 2018 aveva avuto modo di chiarire quanto segue:
“In breve, dunque, la collocazione del prestatore di lavoro in cassa integrazione non incide sul computo del trattamento di fine rapporto: e ciò perchè con la cassa integrazione il rapporto di lavoro prosegue, sebbene le obbligazioni delle parti entrino in una situazione di quiescenza.
Il prestatore di lavoro assoggettato a cassa integrazione, in definitiva, una volta sopravvenuta la cessazione del rapporto di lavoro subordinato, percepirà il medesimo trattamento di fine rapporto che avrebbe percepito se la cassa integrazione non vi fosse stata.”
Ciò premesso, la Suprema Corte precisava che sino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 148 del 14 Settembre 2015, il pagamento della quota TFR maturata nel periodo di cassa integrazione guadagni spettava all’INPS soltanto in caso di cessazione del rapporto di lavoro al termine della Cassa Integrazione.
In caso contrario, e cioè qualora il rapporto di lavoro fosse proseguito normalmente all’esito della Cassa Integrazione, valeva la regola generale per cui il pagamento integrale del TFR spettava al datore di lavoro alla cessazione del rapporto.
LE MODIFICHE APPORTATE DAL “JOBS ACT”
Di più agevole lettura risulta la normativa per i casi successivi all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 148 del 14/09/2015.
Il Jobs Act ha, infatti, abrogato la legge succitata, ponendo definitivamente a carico del datore di lavoro il pagamento del TFR anche per i periodi di cassa integrazione.
A tal proposito, la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 24 del 5/10/2015 ha chiarito al punto 5.2 quanto segue:
“Si rappresenta che l’articolo 46, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 148 reca l’abrogazione della legge 8 agosto 1972, n. 464, che, all’articolo 2, secondo comma, stabiliva che le aziende potessero richiedere alla Cassa integrazione guadagni il rimborso delle quote di trattamento di fine rapporto maturate durante il periodo di CIG dai lavoratori sospesi e corrisposte ai lavoratori licenziati al termine del periodo integrato.
Pertanto, a seguito dell’abrogazione, le quote di trattamento di fine rapporto sono a carico del datore di lavoro”
In definitiva, per i periodi di cassa integrazione goduti dopo il 14 Settembre 2015, il lavoratore ha sempre diritto al pagamento da parte dell’azienda della quota TFR maturata in detto periodo.
Cosa accade se l’azienda fallisce?
Il diritto a percepire la quota TFR maturata durante la CIGS spetta anche nel caso in cui l’azienda fallisca nel corso della cassa integrazione o subito dopo la fine della stessa.
In tal caso, il credito maturato a titolo di TFR va richiesto con la domanda di insinuazione allo stato passivo.
Tale principio è stato recentemente accolto dal Tribunale di Napoli Nord all’esito di osservazioni presentate dal nostro studio legale in favore di un lavoratore da noi assistito nell’ambito di una procedura concorsuale.
Nel caso di specie, l’azienda era fallita proprio durante il periodo di Cassa Integrazione Guadagni ed il curatore fallimentare nominato dal Tribunale aveva licenziato buona parte dei lavoratori in forza all’azieda nel settembre 2019.
In sede di esame delle domande di insinuazione allo stato passivo fallimentare, il Giudice Delegato ha accolto totalmente le nostre richieste affermando il diritto di credito del lavoratore nei confronti del fallimento anche per la quota di TFR maturata nel corso della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria fruita nel periodo immediatamente antecedente al fallimento dell’azienda.
Studio Legale “Il Mio Diritto”
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